LE DIECIMILA PORTE DI JANUARY di Alix E. Harrow

"Quando avevo sette anni, trovai una Porta. Ecco, guardate con che orgoglio la parola si taglia sulla pagina adesso: la P è una chiave nera che conduce verso un nulla bianco. […] Non sapete assolutamente niente di me;[…] E non potete vedere le cicatrici che si annodano e si attorcigliano sulla mia pelle. Non conoscete nemmeno il mio nome (January Scaller; ecco, ora sapete qualcosa su di me e io mi sono rovinata la premessa da sola).
    E' così che si presenta la protagonista de LE DIECIMILA PORTE DI JANUARY di Alix. E. Harrow edito Mondadori per la collana Oscar Fantastica; e io non avrei potuto far meglio.
    Era l'estate del 1901 quando lei incontra quella porta. Blu, malconcia, con i cardini cigolanti e nulla a cui aggrapparsi, come una lapide solitaria dimenticata nel nulla. No, January non è nel nulla, ( ha imparato subito e d'istinto a non restare sulla Soglia) ma in un terreno del Kentucky, ha sette anni ed è in viaggio con il Signor William Cornelius Locke, "fattosi da sé, quasi milionario, presidente della W.C. Locke & Co., etc". Tutto molto altisonante, sofisticato e aristocratico, ve lo assicuro.
    Ciò che è importante sapere è che il Signor Locke ha cresciuto January sotto la sua tutela nella dimora del Vermont. Non è il padre eppure se ne prende cura come il più prezioso dei manufatti stipati in casa sua. Il padre, invece, lavora per conto del suddetto signore ed è spesso assente per continui viaggi verso mete misteriose.
    A diciassette anni pare che Jenuary si sia rassegnata a non credere alle porte che si aprono su altri mondi, ha imparato a fare la brava bambina e ha un migliore amico non umano che la segue ovunque. Tutto cambia quando trova un libricino LE DIECIM POR. Come sempre si tuffa nella lettura scoprendo che la storia scritta in quelle pagine è in qualche modo legata a lei. Quando inizia a capire ormai è troppo tardi, qualcuno di potente vuole fermarla e la casa in cui è cresciuta non può più proteggerla.
    
    "A volte mi chiedo quanti mali lasciamo accadere senza controllo soltanto perché sarebbe maleducato interromperli". January mi ha riportato agli anni in cui ribellarsi a certe regole era un modo per liberare me stessa, definirmi, eliminare le cose in più come uno scultore col suo scalpello mentre delinea la sua opera. Toglie la pietra in eccesso. Alleggerisce per scoprire la vera forma. January ha dovuto scrollarsi di dosso le convenzioni e convinzioni con le quali è cresciuta per poter scoprire la sua vera essenza: conoscere la sua identità. Il percorso della protagonista è ostacolato più dall'insicurezza iniziale in se stessa e dalla volontà di compiacere chi ama che non da ostacoli esterni.
    Samuel Zappia è il ragazzo che l'ha sempre aiutata sin da quando erano compagni di gioco. E' il cavaliere che si presenta nei momenti più disperati. Samuel profuma di speranza per il futuro e cura alla solitudine.
    Se January segue un percorso che tutto sommato ci si aspetta - la parte più emozionante è scoprire con lei la verità sulle sue origini e guardarla mentre prende la decisione finale ( che non voglio spoilerare) - Il signor Locke e Yan Yule sono i personaggi più sorprendenti; W.C.Locke ha tutto da perdere mentre Yan Yule Scholar ha perso già tutto e lotta per riconquistare quanto gli è stato tolto.
    Il cattivo che crede di essere nel giusto e fare del bene è un'interpretazione non consueta che mi è piaciuta - io stessa ho avuto difficoltà a vederlo come l'orribile mostro da sconfiggere.
    Jane è il personaggio che poteva essere forse sviluppato diversamente, il suo ruolo pare essere importante eppure talvolta l'ho vissuto come un pretesto per introdurre elementi nuovi necessari allo sviluppo della trama. Ma non vorrei ridurre Jane a un trucchetto tecnico.
    L'ambientazione storica è riconoscibile: inizi del XX secolo con January e seconda metà del XIX secolo con Addie, la protagonista del libro ritrovato. La descrizione degli altri mondi mi ha riportato alla mente la Grecia antica, la terra degli Umpa Lumpa, il purgatorio di Supernatural, l'Africa selvaggia e mi sono dilettata nel riassaporare sapori familiari e altri nuovi che ho potuto solo immaginare.
    Non manca la componente magica, certo, ma si ha sempre un piede nella realtà durante la lettura e questo mi è piaciuto perché ha reso magica la mia realtà. Cercherò porte durante una passeggiata nei boschi, arriccerò il naso per odori particolari e guarderò con curiosità chi o cosa pare venuto da un altro universo.
    Lo stile è moderno, scorre come una dolce melodia. Le varie componenti sono equilibrate ( azione, descrizioni, dialoghi e pensieri) dando un ritmo piacevole alla narrazione. L'idea di far rivolgere January direttamente al lettore, in poche occasioni ma sufficienti a farlo sentire coinvolto in prima persona, l'ho trovata geniale.
    Quel che ho più amato però è l'amore che pervade queste pagine: l'amore a prima vista che sfida l'impossibile, l'amore filiale per genitori imperfetti che hanno molto da farsi perdonare. Oppure no. L'amore giovanile, l'amore amichevole, l'amore per la terra a cui si sente di appartenere, l'amore per il proprio sangue e quello per il diritto alla libertà di essere fedeli a se stessi e non alla società.
    Dopo l'ultima pagina ho chiuso il libro ritrovandomi ad accarezzarne la copertina come fosse un gatto chiedendomi quanto della me esploratrice sia rimasto nascosto in un angolo buio di me stessa per non dar fastidio? E quanto sono disposta a sacrificare la mia curiosità a vagare per terre e mondi sconosciuti? Credo aver trovato la mia risposta andando a prendere un altro libro. Un'altra storia. Un'altra porta.
     
    
    


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